IL FASCINO DEL SOMMERSO: ALLA SCOPERTA DELL’ATLANTIDE D’ABRUZZO

Capestrano, 31 Luglio 2024

Il Lago di Capodacqua come l’isola di Ogigia, un luogo in grado di incantare e trattenere. In qualche modo ci si sente come Ulisse, quando si arriva sulle rive del grande specchio d’acqua nel territorio di Capestrano, in provincia de L’Aquila. La sensazione è quella di essere dinanzi a una dea che ti avvolge con il suo fascino e ti trattiene a sé, proprio come Calipso nell’Odissea, la divinità il cui nome è stato preso in prestito dalla società che opera in questo territorio per garantire ai visitatori un’esperienza indimenticabile.

Siamo in quella che è stata ribattezzata Atlantide d’Abruzzo, un lago che nasconde un inaspettato mondo sommerso, incastonato nel suggestivo scenario del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Siamo ai piedi del Monte Scarafano. Qui, nel 1965, è stata realizzata una diga che ne ha cambiato la geografia. Proprio su quei terreni che oggi sono sommersi dalle acque, esistevano due mulini di epoca medievale – uno appartenente alla famiglia D’Alfonso, di circa 150 mq, e uno, più grande, di circa 400 mq, della famiglia Verlengia di Capestrano – visibili grazie alle acque limpide e cristalline dell’invaso. 

È calorosa l’accoglienza che ci riservano i ragazzi di Calipso. Sono dieci, capeggiati dal titolare Graziano Marini. Ci offrono delle stuoie, bevande fresche, dolci tipici del luogo e una cassetta di legno che funge da tavolo, proprio per ricreare le atmosfere dei pic-nic dei contadini e far godere del luogo proprio com’era una volta. “Esistiamo da tre anni. Il nostro è un turismo lento nel rispetto della natura” ci spiega Graziano. “Non ci interessa avere grandi numeri. In un giorno possono partecipare alle nostre attività circa 40 persone, ma l’esperienza che regaliamo è in linea con la nostra visione: tutelare questi luoghi incantevoli, rispettandone la flora e la fauna”.

Ci incamminiamo verso l’imbarcazione che ci porterà alla scoperta dei fondali del lago. Ci accompagna Andrea. Ha solo 21 anni, ma grandi esperienza e capacità relazionali. Ci chiama tutti per nome e ci fa sentire a casa. A contraddistinguere i ragazzi di Calipso, infatti, è indubbiamente la cortesia genuina e la voglia di far scoprire i segreti del proprio territorio, con entusiasmo. Tutti hanno un legame molto stretto con questi luoghi.

Siamo su un trimarano, può ospitare al massimo 4 persone per volta. Andrea ce ne illustra le caratteristiche, è completamente elettrico, sembra quasi scivolare sull’acqua e ha una particolarità: la parte centrale è stata adattata per ricavarne una cabina subacquea con due sedute. A turno tutti i passeggeri ne fruiscono, restando stupiti e incantati con la sensazione quasi di toccare superfici, archi, pietre che sanno di antico e di un passato che non vuole essere dimenticato. “Il lago ha una superficie di un chilometro quadrato e una profondità di 8 metri, la temperatura si mantiene costante intorno ai 10 gradi tutto l’anno”.

Con Andrea scopriamo la flora sommersa: “Quello che state osservando è il Sedano d’acqua, come vedete ha una foglia simile a una felce, riesce a svolgere la fotosintesi clorofilliana anche sott’acqua. Essendo così limpida, i raggi del sole riescono a penetrare fino al fondale. In superficie ci sono le folaghe – uccelli acquatici dai caratteristici corpo nero e becco bianco -, le gallinelle d’acqua con il becco rosso e i tuffetti, così chiamati per la loro abitudine di tuffarsi di frequente. Lavoriamo dal 1° luglio al 15 settembre anche per non disturbare la nidificazione del Picchio verde, specie protetta”.

Mentre navighiamo, scorgiamo l’ex Colorificio, visibile in buona parte in superficie. Proprio lì vicino si immergono i sub. È grazie a loro se questi luoghi sono stati soprannominati “Atlantide d’Abruzzo”, che rimanda all’isola leggendaria sommersa dalle acque, citata per la prima volta da Platone. 

Al termine dell’escursione, Andrea ci suggerisce di visitare la vicina Chiesa di San Pietro ad Oratorium, un’abbazia voluta dal re longobardo Desiderio che, con il restauro del 1100, è diventata una delle più importanti costruzioni dell’architettura romanica italiana. Sembra certo, però, come rivelato da documenti storici, che l’edificio sia più antico di quanto riporti l’iscrizione che rimanda al re Desiderio: della costruzione precedente restano lastre in pietra che vennero utilizzate nel XII secolo. Nella facciata, durante il restauro, fu inserito il quadrato del Sator, il cosiddetto “quadrato magico”: un’iscrizione latina, il cui senso rimane ancora oscuro, composta dalle parole: Sator, Arepo, Tenet, Opera, Rotas. 

Natura, storia, incanto e mistero caratterizzano questi luoghi e anche se arriva per tutti il momento di tornare nella propria Itaca è impossibile non lasciarci il cuore. 

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